Floriano Bodini Maestro della scultura esistenziale

Allievo di Francesco Messina all’Accademia di belle arti di Brera, Floriano Bodini (nato a Gemonio, Varese, nel 1933, e morto, nel 2005, a Milano) attira, a metà anni cinquanta, la critica sia per le terrecotte, scavati da tratti riconducibili al segno grafico fissato sui fogli, sia per le sculture lignee. Tra il ’56 e il ’62 Bodini sceglie la contemporaneità, contrassegnata da Auschwitz e Hiroshima. Tralascia, provvisoriamente, il legno, elaborando nel bronzo immagini di persone conosciute con sintassi espressionista, che fonde la macerazione gotica e l’angoscia del novecento. Linguaggio inatteso, grave e sofferto. Indicativo di questo processo è l’appartenenza al gruppo milanese Realismo esistenziale, al quale aderiscono Banchieri, Ceretti, Guerreschi, Vaglieri, Romagnoni. Il gruppo, consapevole del presente, vuole manifestare con autenticità l’urgenza di far conoscere, la disperazione del vivere. Non è possibile rinchiudersi nella fortezza estetica dell’astrazione, in un secolo in cui la forma umana è negata sino al genocidio dei lager nazisti e dei gulag sovietici e sino all’immane tragedia della seconda guerra mondiale con milioni di morti. È la realtà che deve sussistere nell’arte con i contenuti di una storia trafitta di cadaveri. Estetica pregna di etica è quella del Realismo esistenziale e di valori che riedificano umanamente l’uomo. Fantasmatica, talvolta surreale, nell’osservazione della routine, assordate non più dal rombo della guerra, ma dal deserto interiore.

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