Maria Alejandra Corrales Epifania di Luce copia

Maria Alejandra Corrales Epifania di Luce

Ascensionale si staglia nella vastità cerulea e sul fondale, in lontananza, di monte Cuccio, memore della cattedrale di Kenzo Tange, a Tokio. Un’architettura razionalista, cementata di biancore, goticamente tesa con pareti e contrafforti d’ali verso l’alto. Sulla fronte e lungo il perimetro è traforata da svettanti finestre che fanno intendere come la luce faccia irruzione all’interno dominando lo spazio. Ineludibile il richiamo a scoprire l’articolazione luministica dentro l’edificio sacro. Varcata, a mezzogiorno, la soglia di San Tommaso d’Aquino, a Palermo, frastornante è lo stupore. Non folgori solari, ma vortici di colori e rutilanti arcobaleni inebriano lo sguardo disegnando su muri e pavimento trasparenze di rosso, viola, bleu, verde, ocra. Non lastre di vetri anonimi contengono tante finestre, sufficienti ad imprimere alla spazialità liturgica visioni di cosmica bellezza, del Kadosh edenico che impregna di enigmi la natura. Immagine inattesa di un cielo inebriato di azzurri, di una terra vestita di messi e prati, di un mare di pesci vermigli, della rosa purpurea del sole. Si amplifica lo spettacolo con le stagioni variopinte che fioriscono, scintillano, cantano, periscono, risorgono. Apparizione traslucida, sconosciuta al meridione, che suscita stupore, emoziona lo spirito mentre la vista si fissa sulla campitura della immensa finestra triangolare che assorbendo i bagliori del giorno li traduce in sfolgorio di cobalto e lapislazzuli, d’oro, carnicino e magenta. Da sinistra a destra le finestre, modulate plasticamente di cromie, attraggono ancor di più gli occhi. Vibrano di infiniti colori nella frantumazione organica dei vetri, astratti in apparenza, rappresentativi con forme informali di tempo e spazio. Concepite con idea contemplante l’universo, si mostrano analitiche in una pittura di tocchi brevi, di particolari filamentosi, di intensi tratti. Maria Alejandra Corrales ne è autore. Artista argentina, di radici indie, che esprime con ancestrali sensi, sovente animistici, in un linguaggio neofauve pregno di cultura latino americana, l’incanto della creazione che si rapporta al mistero che governa il cosmo e l’uomo.

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