Epifania di bellezza si rivela nei dipinti di Antonello da Messina la Vergine Madre, circonfusa di luce nel volto, nella carne palpitante di grazia. Ritratti struggenti, intrisi di psicologia individuale, si mostrano le sue madonne, che affascinano non solo il Rinascimento, ma anche, da metà ottocento in poi, l’inteligentia inquieta dell’Europa, a cui infondono sensi di quiete. Non immagini evanescenti o edulcorate, bensì corporee, profondamente umane, espressive di una forma ideale che sa di trascendenza. Al cospetto di queste madonne Bernard Berenson annota: Tutto il loro corpo vibra di vita, (1) percependo un’energia che si tramuta in movenze, gesti, ritrosie, sguardi. Dipinge la vita concreta di Maria nelle sue tavole Antonello da Messina, dense di turbamenti, svelamenti, sogni. Rifuggendo dall’aneddotica medievale, fiorente di racconti evangelici, invenzioni apocrife e favole conventuali, il pictor cecilianus incentra la sua visione su tre temi: l’Annunciazione, la Madonna con Bambino e la Madre dolorosa, nell’ansia di penetrare la dimensione cristologica di Maria, in rispondenza al sensus fidei del popolo. Si tratta di opere destinate al culto liturgico e alla preghiera personale, sorrette da un duplice intendimento. Il primo di ordine formale è indicativo della ragione geometrica; l’altro di matrice teologica significa la ragione spirituale. Evidente appare, nei retabli e nelle tavolette, l’interesse dell’artista a comprendere Maria nella storia di Cristo e nella quotidianità della Chiesa. La sua attenzione non si esaurisce dentro il perimetro dell’iconografia o all’interno della tematica pietistica, ma si innesta nell’appercezione di una forma pittorica che svela, con la sua struttura, lo splendore e la complessità del soggetto, carico di rimandi umani.